E se il pericolo è interno ? Cosa devono sapere gli RSPP sui rischi per la salute mentale.

Set 11, 2024 | News

fonte articolo: www.zhrexpert.it

Gli eventi recenti all’ospedale di Foggia evidenziano l’importanza di considerare la salute mentale come un rischio lavorativo serio. Nei luoghi di lavoro, lo stress e i pensieri autolesionistici sono minacce reali per molti lavoratori. La valutazione del rischio stress lavoro correlato deve includere anche il rischio di violenze e molestie, soprattutto in ambienti ad alta esposizione al pubblico. È essenziale che tutti i lavoratori siano formati per riconoscere e affrontare i segnali di disagio mentale tra i colleghi, superando la diffidenza verso i servizi di supporto psicologico. La leadership aziendale deve sostenere attivamente queste iniziative per creare un ambiente di lavoro sicuro e sano.

La salute mentale è un rischio come gli altri

I recentissimi fatti di cronaca dell’ospedale di Foggia (diverse aggressioni in soli due giorni) inducono riflessioni per il comparto sanitario e non solo. La valutazione del rischio dello stress lavoro correlato è oggi strettamente connessa a quella del rischio di violenze e molestie (rischio lavorativo a tutti gli effetti), soprattutto nei contesti produttivi di forte esposizione con il pubblico, da sempre considerati molto difficili.

Nei luoghi di lavoro come impianti di produzione, cantieri e magazzini, spesso ci concentriamo sulla protezione dei lavoratori dai pericoli evidenti come le cadute e i macchinari potenti. Tuttavia, per oltre 1 lavoratore europeo su 5, i pensieri inerenti lo stress, fino ad arrivare ad autolesionismo o suicidio sono minacce altrettanto reali per il loro benessere sul lavoro. La cronaca come già detto offre importanti opportunità di riflessione per considerare i meccanismi che le aziende hanno messo in atto per garantire che la salute mentale sia trattata come un fattore di rischio serio almeno quanto i pericoli fisici o chimici.

La realtà è che i vari fattori sono inestricabilmente legati.

Non solo l’autolesionismo è un rischio in sé così come la violenza, ma i lavoratori che manifestano sintomi di depressione più o meno grave, sono anche più inclini a subire infortuni fisici sul lavoro.

Riprogrammare l’approccio alla formazione sulla salute mentale

La norma che impone una valutazione del rischio stress lavoro correlato è del 2008. Nel corso dei decenni, la salute mentale è passata dall’essere completamente ignorata nei luoghi di lavoro industriali a diventare una considerazione primaria per molti dipartimenti EHS e HR. Tuttavia, la responsabilità di identificare e affrontare i problemi di salute mentale è spesso sproporzionatamente delegata ai dirigenti, limitando di fatto l’efficacia di questi sforzi. Questo approccio ignora, forse non volutamente, il fatto che ogni lavoratore, (e non solo i dirigenti), può essere il primo a notare segnali deboli di disagio nei colleghi. Anzi, probabilmente sono i colleghi che hanno contatti diretti e continui il primo indicatore e non i responsabili.

Un recente sondaggio ha rivelato che circa 1 lavoratore su 5 ha avuto preoccupazioni per un collega potenzialmente a rischio di depressione o autolesionismo nell’ultimo anno. Inoltre, più di un terzo riferisce di non sapere come aiutare un collega in difficoltà. I dati mostrano chiaramente che tutti i lavoratori devono essere formati per rispondere adeguatamente ai segnali di disagio mentale tra i colleghi.

Ad oggi, nella stragrande maggioranza delle aziende italiane abbiamo lasciato il compito di monitorare il benessere mentale dell’intera forza lavoro a pochi dirigenti, se non al solo ufficio HR, e questo potrebbe significare che le persone bisognose di supporto (ed i rischi ad esse collegati) potrebbero non essere riconosciuti/valuti nei tempi e nei modi corretti.In questo contesto complesso, i datori di lavoro appaiono disarmati e spesso si scoraggiano nel vedere i problemi di salute mentale continuare a tormentare la loro forza lavoro.

Anche le poche iniziative portate avanti nel post pandemia, ed i vari sportelli offerti (ad esempio on line) di vari servizi psicologici, rimangono nella maggior parte dei casi largamente inutilizzati. Permane di fatto una certa diffidenza, data principalmente dal fatto che non si ha certezza dell’utilizzo effettivo di quello che emerge durante il servizio di supporto, soprattutto se on-line.  Manca di base la fiducia verso il servizio ed in particolare verso i professionisti, psicologi o psichiatri che siano, non visti e/o conosciuti di persona.

Questo evidenzia il problema principale di molte organizzazioni italiane: la sensibilizzazione o la formazione sui rischi psicosociali in generale e sulla salute mentale non è ancora iniziata.

I lavoratori non si sentono abbastanza sicuri da esprimere i loro problemi, ancora meno nelle nuove soluzioni on-line, figuriamoci poi se devono pensare di affrontare le complicazioni burocratiche per richiedere un supporto più sostanziale. C’è ad oggi una forte sfiducia sia nei mezzi che soprattutto nelle soluzioni, segno evidente di una mancanza di cultura in tal senso.

Il primo passo per qualsiasi RSPP che deve affrontare questo tipo di problematiche, è iniziare con discussioni a livello organizzativo sui rischi psicosociali, per iniziare a normalizzare l’argomento. Queste riunioni possono assumere molte forme, dai corsi di formazione su come parlare di rischi psicosociali a 360 gradi e quale supporto può essere offerto, passando attraverso newsletter, mail, incontri e cartellonistica in bacheca, fino all’invito di uno o più professionisti esterni qualificati, in grado di illustrare, far comprendere e comunicare le migliori pratiche in uso ad altre aziende, per iniziare a condividere delle soluzioni tangibili al problema.

Infine, gli RSPP, preso atto dell’esistenza e della consistenza del problema derivante dai rischi psicosociali, deve iniziare a considerate anche l’implementazione di monitoraggi più o meno regolari, oppure sondaggi per valutare il clima di salute mentale sul posto di lavoro. Queste iniziative dovrebbero essere accompagnate da un supporto tangibile e concreto della leadership per rafforzare l’importanza del benessere mentale. Ogni iniziativa di salute e sicurezza, richiede sempre l’appoggio e il supporto della leadership, è quello che raccomandano anche le norme sui sistemi di gestione. Le iniziative sui rischi psicosociali richiedono ad oggi lo sponsor della leadership in misura decisamente maggiore, proprio a causa della attuale mancanza di consapevolezza del fenomeno. Anche le norme sui sistemi di gestione della salute e sicurezza, dedicano all’ argomento dal 2022 una norma: la ISO 45003: salute psicologica sui luoghi di lavoro e fattori psicosociali

Misure di prevenzione e protezione

La maggior parte dei dipendenti spera di:

essere indirizzata ad un supporto professionale,
di avere tempo libero
in una riduzione del carico di lavoro per concentrarsi sul benessere,
di avere accesso a strumenti di auto-aiuto digitali efficaci.

È importante iniziare a considerare l’integrazione di un supporto per la salute mentale e il benessere nella vita lavorativa quotidiana, fornendo accesso a servizi di salute mentale che offrono supporto on-demand o creando spazi di benessere dove i dipendenti possono rilassarsi. Anche le app rappresentano uno strumento moderno ed efficiente, ma devono essere previamente scelte e condivise con i lavoratori. Il rischio dell’attuale sottoutilizzo, è già stato descritto.

I dipartimenti HR, esattamente come quelli di HSE spesso si chiedono:

Come rispondiamo quando qualcuno viene da noi in difficoltà?”

La chiave secondo gli specialisti, rimane ascoltare, avere una conversazione aperta e onesta con l’individuo su ciò di cui ha bisogno per essere supportato. La migliore soluzione sarà unica per ogni individuo e ciò che è più importante è che si sentano ascoltati e rispettati.

Il futuro di ogni RSPP è sicuramente quello di creare consapevolezza e un senso di sicurezza psicologica, che poi rimane il principale veicolo per discutere efficacemente di problemi come la violenza, il disagio mentale e la depressione grave.

Pensate semplicemente ad una linea di produzione, ad esempio, delle auto degli anni zero e ad una linea di produzione attuale, creata secondo gli attuali standard tecnologici. I rischi (ad es. fisici, meccanici, chimici, ecc) sono molto diminuiti, e sono destinati a diminuire ancora, attraverso l’utilizzo di esoscheletri, macchine, utensileria pneumatica, IOT, IA, apparecchiature robotizzate, ecc. Gli uomini non verniciano più. Il rumore è un quinto del passato. La forza richiesta è estremamente minore. I DPI sono più confortevoli.

Quella dei rischi psicosociali delle persone presenti sulla linea di produzione, è già diventata di fatto la sfida numero uno nella maggior parte dei luoghi di lavoro dei prossimi anni.

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